Dubai, scoppia la bolla immobiliare

4 03 2009

E’ scoppiata la bolla immobiliare di Dubai: il valore delle case crolla, molti cantieri sono stati chiusi a lavori incompiuti per l’insolvenza dei costruttori, e il sistema creditizio locale mostra segni di gravi difficoltà. Nei sette Stati che fanno parte degli Emirati arabi uniti sono stati cancellati 250 miliardi di dollari di progetti edilizi, la maggior parte dei quali erano concentrati a Dubai. Dalla crisi non sono immuni neppure i gruppi edilizi di proprietà statale, come Nakheel e Emaar. E’ di fatto congelato anche il completamento del Dubai World Trade Center. Di fronte a queste notizie lascia perplessi l’annuncio – fatto ieri dal governo indonesiano al vertice internazionale della finanza islamica – secondo cui le banche islamiche sarebbero meno vulnerabili in questa crisi. Il governo giapponese ha deciso di attingere alle riserve ufficiali della sua banca centrale (circa 1.000 miliardi di dollari, la seconda riserva più ricca del mondo dopo la Cina) per fornire prestiti a tassi agevolati alle aziende nipponiche che operano sui mercati internazionali. L’inusuale ricorso alle riserve della banca centrale è motivato dall’estrema difficoltà in cui si trovano gli esportatori giapponesi. 500 miliardi di yen saranno messi subito a disposizione delle imprese esportatrici perché possano fare fronte al finanziamento della propria attività quotidiana sui mercati esteri. Intanto la Toyota ha rivelato per la prima volta che chiederà ufficialmente di poter ricevere aiuti governativi da Washington, per la filiale finanziaria (credito all’acquisto rateale) che opera per i suoi stabilimenti situati negli Stati Uniti. Il renminbi (o yuan) cinese ha subìto per il sesto giorno consecutivo un declino nella parità con il dollaro. Oggi ha toccato i 6,8392 renminbi per un dollaro Usa. La valuta della Repubblica Popolare fluttua entro una banda di oscillazione dello 0,5% quotidiano. Dal 2005 ha smesso di essere agganciata al dollaro, e fino a questa recente scivolata si era lentamente rivalutata, del 20% in tre anni rispetto al dollaro. La parità con l’euro oggi è a quota 8,5962. La moneta cinese non sfugge alla generale debolezza delle valute asiatiche che favorisce il dollaro. (3 marzo 2009)





Niente torre più alta del mondo per ora

20 01 2009

di ETTORE LIVINI

La crisi globale della casa Negli Usa appartamenti ridotti

TIRARE la cinghia, ormai, non basta più. E per far fronte alla crisi finanziaria più grave dal ’29, gli americani hanno preso il più drastico dei provvedimenti: restringere le case, autoriducendosi del 10% circa (per ora) lo spazio vitale. Per la prima volta in trent’anni la dimensione degli appartamenti negli Usa ha iniziato a diminuire. A giugno scorso la famigliola tipo a stelle e strisce abitava in 230 mq. di spazio, il 40% in più dei 162 del 1978. Oggi siamo già scesi a 210 metri. E il trend, assicura l’associazione dei costruttori nazionale, è destinato ad accelerare visto che a dicembre l’89% delle imprese edili nazionali, alle prese con una clientela sempre più sparagnina, aveva deciso di ridurre ancora la taglia nei nuovi edifici in costruzione. Leggi il seguito di questo post »





C’e’ crisi dappertutto (cit.)

8 10 2008

A cura di Hugo Dixon per “La Stampa” – Che cosa succede a Dubai? Sembra che lo splendore del ricco emirato si stia appannando. La settimana scorsa ha ricevuto un soccorso finanziario di 15 miliardi di dollari dal suo parente più ricco, Abu Dhabi. E non è l’unico campanello d’allarme. Un anno fa, l’emirato di Dubai correva a piena velocità. Tutto sembrava crescere vertiginosamente – gru, nuovi edifici, prezzi degli immobili. Il fermento era tale che i banchieri di Londra utilizzavano i propri bonus per speculare sui condomini di lusso con vista mare di Dubai, acquistando e rivendendo la settimana successiva. Oggi questo gioco non è più redditizio. L’emirato è stato colpito dalla crisi del credito. In appena tre mesi, lo spread sui Cds di Dubai è raddoppiato arrivando a 300 punti base – quasi tre volte quello di Abu Dhabi. Non è un segreto che l’emirato sia povero di risorse, visto che solo il 6% del suo pil proviene dal petrolio e dal gas. Dubai si trova costretto ad affrontare la realtà finanziaria. La società immobiliare Nakheel sembra aver improvvisamente scoperto che il rifinanziamento del suo colossale debito da 3,5 miliardi di dollari sarà costoso. La costruzione dell’aeroporto più grande del mondo è in ritardo sulla tabella di marcia e altri grandi progetti edilizi sono stati rinviati.

Anche alcuni prestigiosi investimenti internazionali sembrano meno sicuri. Difficilmente Dubai Financial Group aiuterà Marfin, la società di investimenti greca di cui possiede il 17%, a raccogliere i 5 miliardi di euro di cui necessita. Allo stesso modo, Dubai International Capital sembra aver perso interesse nella squadra di calcio del Liverpool. Viceversa, il capitale vincolato in asset esistenti verrà reimpiegato per rafforzare i bilanci più in rosso.
Nessuno pensa che Dubai possa crollare sotto il peso dei debiti. Tuttavia, il prestito della settimana scorsa è un segnale fin troppo chiaro del fatto che Dubai dovrà premere a fondo sul freno.